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Vini i bianchi http://www.diwinetaste.com/dwt/it2004066.php
http://www.diwinetaste.com/dwt/it2006126.php
http://www.vinostore.it/crea.php
http://www.angelodelvino.it/articolo.php?pag=145&dett=enologia
http://www.confraternitadelcagnulari.it/La%20Vinificazione.htm
La vinificazione è la lavorazione che consente la produzione del vino; essa si compie attraverso una serie di operazioni che sono: la pigiatura, la diraspatura, la sgrondadura, la torchiatura e la vinificazione vera e propria. Vediamo di seguito le singole operazioni.
LA PIGIATURA
Consiste nel far uscire il mosto dall'acino, in modo da farlo venire in contatto con i lieviti che opereranno la fermentazione e che si trovano sulla buccia. La pigiatura può essere effettuata secondo due modalità: spinta e sommaria. La pigiatura spinta ha lo scopo di schiacciare tutti gli acini in modo da ottenere tutte le sostanze che essi contengono, soprattutto quelle dell'interno della buccia. I casi in cui si effettua la pigiatura spinta sono i seguenti:
Per ottenere vini che devono essere invecchiati a lungo;
Per i vini rossi aromatici;
Per i mosti che devono essere concentrati;
Per tutti quei vini in cui si vuole estrarre dalle bucce il maggior quantitativo di sostanza colorante.
Si fa la pigiatura sommaria quando si vogliono ottenere vizi di "pronta beva", che non hanno quindi bisogno di un lungo periodo di maturazione (vini giovani o vini novelli) quali ad esempio i vini bianchi, che sono sempre morbidi e delicati. Si fa ancora una pigiatura sommaria per quelle uve che hanno sapore anormale e non gradevole; quando si vogliono ottenere vini bianchi da uve nere (vinificazione in bianco). Per quanto riguarda alcune lavorazioni particolari, come il vin santo, la pigiatura può essere effettua, come avveniva anticamente, con i piedi; anche se oggi tale pratica è molto onerosa, dal punto di vista tecnico pigiare l'uva con i piedi è qunanto di meglio si possa fare in quanto il piede dell'uomo può far uscire dall'acino tutto ciò che interessa, senza rompere i vinaccioli è senza schiacciare i raspi. La pigiatura meccanica è effettuata mediante apparecchi che prendono il nome di pigiatrici; queste si dividono in semplici, che cono quelle che effettuano il solo lavoro di pigiatura, ed in composte, che si dividono, a loro volta, in due tipi:
pigiadiraspatrici, che effettuano la pigiatura e la diraspatura;
torchi continui, che effettuano sia la pigiatura sia la di torchiatura delle vinacce.
Le pigiatrici semplici possono essere a cilindri e a rulli scanaellati; con queste ultime, che lavorano a compressione, l'uva è frantumata, in modo non violento, ma semplicemente per schiacciamento tra i rulli di ferro scannellati e rivestiti di gomma. Uno dei rulli non è fisso al proprio asse ma può allontanarci ed avvicinarci automaticamente, nel caso in cui qualche corpo estranee sia presente nell'uva. Tra le pigiatrici composte ricordiamo la pigiatrice diraspatrice elicoidale centrifuga ad asse orizzontale che ha il pregio di effettuare una pigiatura completa ed uniforme. Esiste anche una pigiatrice diraspatrice centrifuga ad asse verticale; in questo tipo di macchina il mosto cade in basso seguito dalle bucce e dalle polpe cariche di liquido; i raspi invece, in quanto più leggeri, risalgono verso l'alto ed escono da un foro che si trova lateralmente alla tramoggia di carico delle uve. I torchi si dividono in discontinui e continui e trovano impiego nella pigiatura di certe uve particolari e, soprattutto, per l'esaurimento delle uve pigiate e delle vinacce fermentate e vergini. I torchi discontinui si dividono in:
Torchi a vite e a leva, molto usati nelle piccole cantine, vengono azionati quasi sempre a mano. In essi la forza motore è amplificata da una vite alla quale viene trasmessa da una leva che può essere semplice o multipla. Nel sistema a leva multipla il moto alternativo del la leva è trasformato in moto circolare continuo mediante "arpionismi".
Torchi idraulici, il principio su cui si basano i torchi idraulici è quello di Pascal: "La pressione esercitata in un qualsiasi punto di un liquido, si trasmette con uguale intensità in tutti i sensi". Quindi se viene esercitata una pressione su di un pistone a piccola superficie, essa sarà trasmessa su un pistone a superficie maggiore, amplificata secondo il rapporto fra le superfici:
La pressione che si esercita sulle vinacce è dell'ordine dei 10 - 18 Kg/cm2. I torchi idraulici possono dividersi in:
torchi idraulici a pressione ascendente;
torchi idraulici a pressione discendente;
Torchi continui elicoidali. In questi torchi l'uva pigiata arriva nella tramoggia dove un sistema di pareti mobili a mascella afferra la massa solida e la comprime su di un'elica molto corta e di grande diametro. L'elica afferra la massa e la trasporta in una gabbia metallica finemente forellata sospingendola poi verso la bocca di uscita. La massa solida è così costretta a percorrere un lungo tratto di gabbia forellata in questo modo si addensa e viene spremuta; un restringimento regolabile della bocca di scarico aiuta la fase di spremitura. Questo tipo di torchio presenta numerosi vantaggi quali ad esempio un minimo impiego di mano d'opera, rapidità di lavorazione, possibilità di alimentazione e scarico a mezzo di nastri trasportatori. Questi torchi sono anche detti velocipresse e superpresse.
Torchi continui e pressa - filtro pneumatica Willmes. Sono costituiti da un cilindro in acciaio inossidabile. munito di numerose fenditure e corazzato di anelli di acciaio; presenta, internamente, un grosso polmone in gomma che si gonfia mediante aria compressa. Tra i vantaggi di questa pressa si ricorda: risparmio di tempo e di mano d'opera, aumento di resa, eliminazione delle sfregamento e maciullamento delle bucce. La pressa Willmes può servire per il trattamento delle uve intere, per quello delle uve pigiate e diraspate, per le vinacce vergini o fermentate e per le feccie. La compressione si effettua portando la pressione all'interno del polmone al valore prestabilito e mantenendola per un certo tempo.
LA DIRASPATURA
E' l'operazione che separa i graspi dagli acini e viene effettuata nei seguenti casi:
vinificazione di uve molto ricche di tannino e d'acidità; in questo caso, infatti, lasciando i raspi in macerazione si arricchirebbe ulteriormente il mosto e quindi il vino in tannini, sostanza molto abbondantemente nei raspi;
nel caso si debbano vinificare uve non perfettamente mature e quindi già con acidità abbondante;
nel caso di vinificazione di uve danneggiate dalla grandine, dalle malattie crittogamiche e dagli insetti;
nel caso di vinificazione di uve mature, che presentino però i graspi verdi (pericolo di sapori erbacei);
nel case di uve stramature o appassite nelle quali i graspi si presentano secchi e quindi in grado di assorbire quantità sensibili di alcool e conferire cattivi sapori;
quando si vogliono ottenere vini morbidi, delicati e di pronta beva;
nel caso della preparazione dei vini liquorosi che hanno la caratteristica di essere robusti, ma non aspri;
nel case di vinificazione nei climi meridionali, per non avere un inizio troppo rapide nelle fermentazioni;
nel caso della preparazione di vini bianchi da uve nere.
Non è consigliabile diraspare nei seguenti casi:
quando si vinificano uve scialbe, poco ricche di acidità, di tannino e di zucchero;
nel case si debbano vinificare uve molto ricche di sostanze azotate, uve provenienti da viti eccessivamente produttive, uve coltivate in terreni eccessivamente concimati In queste casi si é osservato che la presenza dei graspi diminuisce il pericolo di formazione delle casse ossidasiche;
quando lo stato dei graspi è normale, cioè ne troppo secchi, ne troppo verdi;
nel caso si debbano preparare vini, robusti, austeri. sia per il consumo diretto che per il taglio con altri vini. In alcuni casi per quei vini che debbono essere lungamente invecchiati;
nel case di vinificazione in climi freddi, per ottenere un più regolare e breve processo fermentativo.
LA SGRONDATURA
Con questa operazione si ricava, dalle uve pigiate, una parte del mosto (detto mosto fiore) e delle vinacce ancora umide e ricche di mosto. La sgrandatura può essere condotta anche senza macchine, facendo sgrondare le uve su recipienti forati. Oggi le moderne cantine sono fornite di macchine chiamate sgrondatori meccanici costituite da gabbie cilindriche rotanti; in esse arriva l'uva pigiata ed esce dai fori il mosto, mentre la vinaccia sgrondata esce dalla parte opposta all'ingresso dell'uva. Nella vinificazione in bianco e in rosato, è di grande aiuto ricorrere all'uso della sgrondatura per separare il mosto fiore dalle vinacce. La vinaccia che esce dallo sgrondatore può passare poi ai torchi continui e ai torchi idraulici. L'operazione di sgrondatura consente di ottenere in modo continuo oltre il 50 - 60% di mosto fiore.
Gli sgrondatori si classificano in base al loro funzionamento:
sgrondatori che agiscono per setacciatura;
sgrondatori che agiscono per setacciatura accompagnata da una leggera pressione;
sgrondatori che agiscono per sedimentazione o setacciatura dovuta ad azione centrifuga.
Affinché gli sgrondatori diano il massima rendimento è importante che la loro alimentazione avvenga con uve pigiate in presenza dei raspi; questi, infatti, aiutano la separazione del mosto dalla parte solida con azione di drenaggio.
LA TORCHIATURA
Questa operazione è la più faticosa e costosa del processo di vinificazione. Può essere effettuata su vinacce non fermentate, su vinacce fermentate e sull'uva. La torchiatura è l'operazione che mira a sottrarre alle vinacce la maggior parte del mosto e del vino che esse contengono; nel caso di vinacce fermentate l'operazione deve essere effettuata immediatamente dopo la svinatura, in quanto ci troviamo di fronte ad una materia prima instabile, facilmente soggetta alla acidificazione ed alla perdita di alcool. E' opportuno accertarsi, prima di passarle al torchio, che le vinacce, specialmente in superficie, siano sane. Va ricordato che torchi idraulici operano con un'azione di pura compressione mentre i torchi continui elicoidali operano con un’azione combinata di compressione e di sfregamento, con prevalenza dell'una e della altra a seconda delle soluzioni meccaniche adottate. Infine occorre fare una distinzione tra vinacce di uve bianche, che solitamente ci torchiano vergini, e quelle di uve resse, che normalmente si torchiano fermentate.
La vinificazione del vino si può distinguere essenzialmente in due categorie, la vinificazione in bianco o in rosso con altre particolari quali la spumantizzazione, la vinificazione in rosato, la macerazione carbonica.
LA VINIFICAZIONE IN BIANCO
Per vinificazione in bianco si intende quel sistema di produzione del vino che separa immediatamente le vinacce e i raspi dal mosto ottenuto per pigiatura e pressatura delicata dei grappoli.
Questa tecnica, applicata sia alle uve bianche che alle uve rosse per ottenere vini bianchi, evita ogni forma di macerazione e fermentazione del mosto con le vinacce, impedendo a queste di cedere, oltre al colore, anche altre sostanze che possono conferire al vino caratteristiche aromatiche poco gradite.
Il mosto così ottenuto si lascia riposare per due o tre giorni alla temperatura di 10° C in contenitori adeguati, permettendogli così di depositare sul fondo le numerose particelle solide ancora presenti (fecce). E’ questa la fase di chiarificazione o illimpidimento del mosto . Separate le fecce dal mosto inizia la vera e propria fermentazione ovvero la trasformazione del succo d’uva in alcool e anidride carbonica per opera dei microrganismi chiamati lieviti. Nelle moderne aziende enologiche si utilizzano lieviti selezionati che “guidano” la fermentazione verso il risultato voluto, facendo in modo che si sviluppino maggiormente alcuni aromi graditi a discapito di altri meno desiderabili. A questo punto il vino è pronto per essere conservato per un tempo variabile dai quattro agli otto mesi sino a maturazione. Seguirà quindi la fase dell’imbottigliamento e del consumo.
LA VINIFICAZIONE IN ROSSO
Per vinificazione in rosso si intende quel sistema di produzione di vino in cui le parti solide dell’acino, ovvero bucce e vinaccioli, restano in contatto con il mosto per un tempo variabile. Questa fase è detta di macerazione e permette alle bucce e ai vinaccioli di trasferire al mosto i pigmenti, i tannini e le sostanze aromatiche in loro presenti in quantità proporzionale al tempo stesso di macerazione che varia a seconda del tipo di vino che si vuole ottenere: dai sette ai quindici giorni se si desidera un vino corposo e colorato,; da uno a quattro giorni se si desidera un vino più leggero. La fermentazione viene aiutata dall’aggiunta di lieviti selezionati e presto gli zuccheri trasformati in alcool aiutano sciogliere le parti solide che, a causa della produzione di anidride carbonica, tendono verso l’alto, formando il cosiddetto cappello che dovrà essere disperso diverse volte durante l’arco della giornata, per permettere alle parti solide di rientrare a contatto con il mosto. Questa operazione chiamata follatura o rottura del cappello, viene eseguita manualmente con uno strumento idoneo detto follatore, o con il metodo del rimontaggio che consiste nel disperdere le vinacce prelevando con pompe un terzo del mosto dal basso del contenitore facendolo ricadere a pioggia dall’alto sul cappello. I moderni recipienti di fermentazione sono invece dotati di agitatori meccanici. Oltre ai vantaggi già descritti, la follatura permette una dispersione rapida del calore originato dalla fermentazione che non deve mai superare i 30° C e un altrettanto rapido allontanamento dell’anidride carbonica con immissione di ossigeno che favorisce la moltiplicazione dei lieviti. Impedisce inoltre l’acetificazione del vino.
Quando gli zuccheri sono stati già trasformati in alcool, la produzione di anidride carbonica cessa e il cappello scende nel fondo della vasca. A questo punto si procede al travaso del vino purificato dalle vinacce in altro contenitore, oppure si può prolungare di qualche giorno la macerazione se si vogliono ottenere vini più robusti.
Dopo il travaso inizia la fermentazione malolattica che consiste nella trasformazione dell’acido malico, responsabile del gusto acido del vino, in acido lattico, che donerà al futuro vino un gusto meno aspro e più gradevole.
Se il vino ottenuto con la vinificazione in rosso è ben strutturato e particolarmente importante può essere ulteriormente arricchito dalla sosta per diversi mesi all’interno delle barriques, piccole botti in rovere francese della capacità di 225 litri ciascuna, seguita dall’affinamento in bottiglia che può durare da un minimo di sei mesi fino a diversi anni.
LA VINIFICAZIONE IN ROSATO
Il vino rosato è molto leggero di corpo e scarso di colore. Può essere ottenuto dalla vinificazione di uve rosse in cui la buccia è poco ricca di colore, oppure può essere ottenuto da un uvaggio cioè dalla mescolanza di uve rosse e bianche. Di solito però per produrre vini rosati si utilizzano uve rosse vinificate in bianco, cioè senza bucce o con breve macerazione delle vinacce che vengono separate dal mosto dopo brevissimo tempo e la fermentazione prosegue senza le parti solide.
LA SPUMANTIZZAZIONE
La spumantizzazione consiste in una rifermentazione del vino, appositamente scelto, mediante l’aggiunta di zucchero e lieviti selezionati. Esistono due principali metodi di spumantizzazione: il metodo Champenois e il metodo Charmat.
Il metodo Champenois avviene direttamente in bottiglia e con questo sistema si ottengono lo Champagne e i migliori spumanti secchi italiani. In sostanza si tratta della rifermentazione in bottiglia di un vino bianco, detto vino di base, ottenuto con la vinificazione in bianco, a cui si aggiunge dello sciroppo zuccherino e dei lieviti selezionati. Il vino così trattato viene imbottigliato provvisoriamente e le bottiglie vengono disposte in cataste in un ambiente che non superi i 10°-12° C. Inizia qui la rifermentazione del vino detta anche presa di spuma che può durare dai due ai sei mesi. In seguito le cataste vengono sfatte e rifatte più volte per rimettere in sospensione le fecce depositatesi nelle bottiglie.
Inizia ora la maturazione del vino, ormai spumante, che può durare anche alcuni anni. A questo punto si procede al rémuage, ovvero all’eliminazione delle fecce dalla bottiglia che vengono inviate sulla punta ed espulse tramite una rapida stappatura. La parte di spumante persa si rimpiazza e in alcuni casi, per dare una caratteristica particolare al prodotto, si aggiunge del mosto, del vino o del distillato di vino.
Con il metodo Charmat la rifermentazione o presa di spuma del vino di base avviene in un’autoclave di grandi dimensioni. Una seconda autoclave, collegata alla prima, riceve il vino rifermentato e lo separa dalla feccia mediante filtrazione o centrifugazione. Lo spumante così ottenuto passa in una terza autoclave e infine all’imbottigliamento. Tra la presa di spuma e l’imbottigliamento trascorrono circa due o tre settimane. Questo metodo di spumantizzazione è più adatto alle uve aromatiche come il Moscato e la Malvasia.
Il Moscato spumante prodotto in Gallura è il risultato di un’unica fermentazione. Per la presa di spuma viene infatti utilizzato non il vino di base ma il mosto stesso conservato in appositi contenitori refrigerati fino all’avvio del processo di spumantizzazione.
LA VINIFICAZIONE CON MACERAZIONE CARBONICA
La vinificazione con macerazione carbonica comprende due fasi successive.
Nella prima l’uva vendemmiata non è sottoposta ad alcuna pigiatura e viene inserita a grappoli interi in un recipiente a chiusura ermetica Lo spazio che resta libero viene riempito di anidride carbonica. In queste condizioni le cellule degli acini, ancora vive, sono costrette dal gas e dall’assenza di ossigeno a produrre glicerina e altri composti demolendo intanto gli acidi ed in particolare l’acido malico. In questo modo si otterrà un succo meno acido. Il peso dei grappoli sovrastanti schiaccia intanto gli acini sottostanti da cui si liberano piccole quantità di mosto che cominciano a fermentare. La macerazione dura da cinque a venti giorni, secondo la temperatura (20-30°C).
Segue quindi la seconda fase della vinificazione: l’uva macerata viene pigiata e il mosto avviato alla normale fermentazione alcolica, che avrà termine in due o tre giorni. Il vino così ottenuto deve avere almeno 11° e non più di 10 g/l di zucchero. Per legge non può essere immesso al consumo prima del 6 Novembre dell’anno di produzione delle uve. Per assaporarne appieno la freschezza e la fragranza deve essere consumato entro la primavera successiva alla vendemmia. I vini novelli prodotti da molte aziende enologiche Galluresi sono di ottima qualità e niente hanno da invidiare al famoso Beaujolais, il “nouveau” francese prodotto nella zona da cui prende il nome.
Dopo questa sommaria spiegazione qui di seguito entriamo in alcuni particolari della vinificazione:
SISTEMI DI VINIFICAZIONE
I sistemi di vinificazione possono essere classificati nei seguenti tipi:
Vinificazione delle uve rosse con macerazione delle vinacce, con o senza raspi, per tempi più o meno lunghi.
Vinificazione delle uve bianche, senza contatto con le vinacce o solo con contatto parziale delle vinacce (vinificazione in bianco o vergine).
Vinificazione dei vini bianchi da uve rosse.
Vinificazione dei mosti di uva rossa senza contatto con le vinacce (in rosato o cerasuolo).
Vinificazione con macerazione parziale delle uve rosse ammostate con le proprie vinacce con o senza raspi (vinificazione in chiaretto).
Vinificazione con macerazione carbonica o metodo Flanzy.
Vinificazione per macerazione a caldo,
Vinificazione con macerazione delle vinacce. La presenza delle vinacce, anche prive dei raspi, produce nei mosti una fermentazione più attiva e più rapida in quanto le parti solide favoriscono l’apporto di ossigeno che facilita la moltiplicazione dei lieviti. L'uva appena ammostata con pigiatrici ad alta velocità. viene messa nei tini di fermentazione dove subirà la solfitazione, seguita poi dalla fermentazione. I tini di fermentazione non vanno riempiti completamente tenendo conto dell'aumento di volume del mosto fermentato e della utile e necessaria permanenza di uno strato di anidride carbonica sul cappello. Lo spazio da tenere libero varia dal 12% al 20% della capacità dei tini, le dosi di anidride solforosa per la solfitazione vanno da 8 a 0 grammi per ettolitro, per uve sane, e da 15 a 25 grammi per ettolitro per uve alterate. Dopo la prima fase di fermentazione con macerazione più o meno prolungata, si effettua la svinatura seguita dalla defecazione ed eliminazione delle sostanze indesiderabili. La fermentazione in rosse delle uve ammostate si può effettuare in tini aperti (con cappello emerso o sommerso) ed in tini chiusi. Nei tini aperti è necessario provvedere alle follature, in quanto il cappello di vinacce, emerse per azione dell'acido carbonico, forma una massa molto densa e dura che è necessario rompere mediante le follature, evitando cosi il pericolo di alterazione di questa massa dura. Mediante le follature si rimescola il mosto riducendo la durezza del cappello e regolando cosi la temperatura e la fermentazione. Le follature vanno effettuate almeno due volte al giorno. I follatori usati nelle piccole cantine possono essere di legno ed, in questo case, l’operazione è molto onerosa. Quelli usati nelle grandi cantine sono tutti ad aria compressa a bassa pressione in modo da poter arieggiare uniformemente il mosto e mettere a sua disposizione l'ossigeno di cui necessita nei primi momenti della fermentazione, ciò al fine di incrementare la crescita della flora lievitiforme. Nel caso dei tini chiusi a cappello sommerso, per arieggiare la massa si effettuano dei rimontaggi usando delle pompe e pescando la massa dal fondo del vaso di fermentazione e svinando il liquido dalla parte superiore del contenitore. La durata della fermentazione può essere breve (2 - 3 giorni), ed in questo caso non si tratta di fermentazione tumultuosa completa; in genere queste fermentazioni brevi sono caratteristiche dei climi meridionali, in quanto ci troviamo in condizioni ambientali che consentono un immediato inizio della fermentazione, ed inoltre perché l’alta temperatura e l'abbondante quantità di alcool, che si sviluppa in breve tempo, permette al mosto di arricchirsi del contenuto delle vinacce (sostanze coloranti). Spesso la svinatura deve essere effettuata forzatamente, in quanto non si ha altra mezzo per abbassare la temperatura. Tali fermentazioni brevi, sono adottate anche per i vini amabili, ed il prodotto che si svina è sempre torbido e deve essere sottoposto ad una fermentazione complementare. Le fermentazioni di media durata sono quelle che si protraggono per 5 - 8 giorni, sono caratteristiche dei climi temperati. Le fermentazioni di lunga durata sono quelle che si protraggono per 9 - 15 giorni ed oltre. Dopo questi tempi si hanno vere e proprie macerazioni; tali macerazioni sono da effettuarsi nel caso di vini che dovranno subire un lungo invecchiamento, in questo caso, infatti, è necessario che il vino sia ricco di sostanze coloranti, tannino ed acidità, al fine di sopportare bene un periodo di lungo invecchiamento e di superare altrettanto bene il processo di affinamento. Le fermentazioni devono essere seguite con il termometro, con le degustazioni ed eventualmente con le analisi di laboratorio. Nei climi caldi la vinificazione delle uve rosse deve seguire dei particolari criteri: occorre diraspare le uve, adottare tini di fermentazione di dimensioni ridotte, svinare anticipatamente, quando la temperatura raggiunge limiti pericolosi, ricorrere sempre alla solfitazione con anidride solforosa quale mezzo per lottare contro l’innalzamento eccessivo della temperatura che è il problema chiave della vinificazione nei climi meridionali. Oggi si può ridurre in parte l'inconveniente dell’alta temperatura ricorrendo alla refrigerazione o meglio ancora refrigerando i locali di fermentazione.
Vinificazione in bianco senza contatto o con parziale contatto con le vinacce. Questo tipo di vinificazione si esegue facendo avvenire la fermentazione del mosto fuori dal contatto delle bucce. Questo sistema di vinificazione si applica per ottenere vini bianchi limpidi e stabili partendo da uve bianche e, quando si vogliono ottenere vini rosati, da uve rosse. La vinificazione in bianco è tecnicamente molto più delicata di quanto non sia la vinificazione in rosso in quanto i vini bianchi sono più facilmente soggetti ad alterazioni microbiche e a fermentazioni anomale. Attualmente nei vini bianchi si cerca di ottenere caratteri di freschezza di gusto ed il cosiddetto sapore di fruttato, che ricorda un poco il sapore dell'uva da cui proviene il vino. Per ottenere vini bianchi di buona qualità, occorre partire da uve con una buona percentuale di acidità fissa, caratteristica questa dell’uva non troppo matura. E’ necessario quindi raccogliere le uve leggermente acerbe, al fine di ottenere vini bianchi di buona qualità. Le uve devono essere perfettamente sane, prive di attacchi da parassiti specialmente dalla muffa Botrytis. La vinificazione in bianco mira all'immediata estrazione del succo dal frutto, in maniera che la fermentazione riguardi solo la parte liquida, mentre la solida deve essere separata ed avviata alla distillazione. Nella vinificazione in bianco è sempre consigliabile la pigiatura senza la diraspatura per non maltrattare la materia prima. Occorre evitare, per quanto possibile, la produzione di feccia; la pigiatura o pressatura il raspo sono fattori positivi in quanto esercitano un’azione meccanica drenante durante la pressatura, tanto da aumentare in maniera considerevole la resa dei torchi. Si procederà quindi ad una pigiatura sommaria con pigiatrici a rullo, quindi la massa verrà pompata nei sistemi di esaurimento mediante pressatura. La validità della funzione del raspo è ampiamente dimostrata dagli ottimi risultati che si possono ottenere con la pressatura diretta delle uve, senza la pigiatura. I mosti bianchi devono contenere piccole quantità di fecce, di polifenoli, di leucoantociani, di ferro, dell’enzima polifenol –ossidasi, di potassio e calcio (che fungono da catalizzatori di ossidazione). Tutti questi composti aumentano in maniera considerevole con lo stritolamento delle parti vegetali. Il sistema migliore di pigiatura rimane senza dubbio la pressa orizzontale, anche se ha resa unitaria abbastanza ridotta. Per avere vini bianchi molto fini bisogna, ricorrere alla selezione dei mosti, scartando quelli di ultima pressatura. Per alcuni vini bianchi di particolare finezza occorre utilizzare solamente il 60% del mosto sgrondato, scartando il resto; è necessario ricorrere anche alla solfitazione del mosto mediante anidride solforosa, che svolge azione antisettica selettiva sui lieviti della fermentazione ed un'azione antiossidativa. La dose consigliabile di anidride solforosa nella vinificazione dei vini bianchi si aggira intorno ai 50 - 100 mg/lt, aggiunta da effettuarsi il più presto possibile. E' molto importante, nei mosti bianchi effettuare la defecazione, tale operazione consiste nell'allontanamento di tutte le materie fecciose e, di norma, precedere la alla fermentazione. Quando le parti torbide sono precipitate si procede al travaso del mosto, con le comuni pompe di cantina, e quindi si da l'avvio alla fermentazione degli zuccheri ricorrendo ai lieviti selezionati. Un metodo di defecazione attualmente molto usato consiste nella centrifugazione; la centrifugazione, infatti, è il processo di defecazione più completo in quanto si ottiene una sfecciatura perfetta del mosto con eliminazione di molte impurità. Si può far seguire alla centrifugazione una immediata, pastorizzazione ad elevate temperature 80 – 85 °C per inattivare la flora microbica naturale, distruggendo soprattutto i pericolosi enzimi polifenol-ossidasici che alterano il gusto ed il colore del prodotto e che sono agenti della casse ossidasica. La pastorizzazione va effettuata con i moderni scambiatori a piastre, aggiungendo eventualmente una quarta sezione di raffreddamento a salamoia, in modo da preparare il prodotto per la fermentazione a bassa temperatura. Per fermentazione a bassa temperatura si intende quella effettuata mediante raffreddamento del mosto con l'impiego di macchine refrigeranti al fine di poter compensare l’energia termica generata dalla fermentazione (25 calorie ogni grammomolecola di zucchero). Gli impianti di raffreddamento per fermentazioni a bassa temperatura si distinguono in: cantine condizionate a bassa temperatura. cioè termoisolate. con contenitori in acciaio inox; raffreddamento mediante scorrimento di acqua fredda (5°C) sul serbatoio di acciaio inox o di vetroresina.
Vinificazione dei vini bianchi da uve rosse. Anche in questo caso occorre utilizzare uve non troppo mature preferendo quelle ancora un po' acerbe. Le uve si torchiano leggermente e la vinaccia viene subito allontanata, la lavorazione del mosto cosi ottenuto può essere fatta secondo vari metodi; alcuni tecnici consigliano di refrigerare il mosto in modo da evitare ogni piccolo movimento di fermentazione, successivamente si fa gorgogliare aria nel mosto in modo da ossidare e precipitare le sostanze coloranti, quindi si filtra in modo da ottenere mosto incolore che viene fatto fermentare con i normali metodi ed accorgimenti. Altri tecnici ritengono superfluo il raffreddamento del mosto, in quanto ritengono di ottenere lo stesso risultato con il solo arieggiamento, al quale fanno seguire l'aggiunta di metabisolfito di potassio in ragione di 4 - 8 gr/hl. Non bisogna dimenticare che è necessario partire da uve di ottima qualità per avere i migliori risultati.
Vinificazione dei vini rosati o cerasuoli. I vini rosati sono quelli che si ottengono con la fermentazione in bianco delle uve rosse, cioè senza macerazione, ma con il breve contatto con le vinacce del mosto solfitato, travasato e fatto successivamente fermentare in bianco dopo averlo separatamente tolto dal contatto con le vinacce. I vini detti cerasuoli sono quelli nei quali la macerazione si prolunga per più tempo che nei rosati e cioè fino a quando inizia la fermentazione tumultuosa. Per la loro composizione assomigliano ovviamente più ai vini rossi che ai bianchi. Nel caso ci si trovi di fronte ad uve di colorazione molto intensa per preparare i vini rosati si adotta la lavorazione in bianco. Se al contrario le uve rosse sono a scarsa colorazione, per ottenere vini rosati é necessario effettuare una brevissima fermentazione in presenza delle vinacce, svinare e quindi terminare la fermentazione del mosto fuori dal contatto con le vinacce. Trattandosi di un tipo di vinificazione adottata per l'ottenimento di vini fini, la linea di lavorazione di questi vini deve prevedere attrezzature all'avanguardia; occorrono, infatti, pigiatrici diraspatrici che lavorino con molta delicatezza, del tipo a rulli pigianti rivestiti con gomma e con diraspatore lento. Con questi si effettua una semplice rottura dell’acino e non si rompono i raspi, il pigiato cosi ottenuto viene inviato nei tini di fermentazione dove subisce la macerazione che deve essere brevissima (24 - 48 ore), la solfitazione moderata al fine di non impedire la disacidificazione naturale e ridurre al minimo le sostanze tanniche; occorre anche provvedere alla immediata spremitura della vinaccia con sgrondo-presse per avere la massima quantità di mosto di primissima qualità.
Vinificazione in chiaretto. E' un tipo di vinificazione che si effettua vinificando in bianco i 3/4 dell'uva rossa; l'uva viene immediatamente pressata ed il mosto fiore viene subito avviato ai tini di fermentazione, a questo mosto di uve rosse vinificato in bianco, si aggiunge poi 1/4 dell'uva pigiata e diraspata rossa. Si tratta quindi di una vinificazione mista in presenza di una quantità di vinacce molto inferiore a quella della vinificazione normale. Si termina poi con la svinatura.
Vinificazione con macerazione carbonica. Il merito di questa tecnica di vinificazione si deve al francese Flanzy, che rifacendosi ad una considerazione del grande biologo Pasteur, diede il nome a questo tipo di vinificazione, nota anche come vinificazione in atmosfera anaerobica e cioè in assenza di ossigeno. Pasteur infatti scriveva che tenendo l'uva in grappoli in atmosfera di anidride carbonica, si potevano creare dei vini dotati di particolare fragranza e freschezza. Cosi si sarebbero ottenuti quei vini come il Beaujolais, noti come vini novelli. La tecnica consiste nel porre i grappoli interi, sani e ben maturi, in adatti contenitori dove si è creata un'atmosfera di anidride carbonica. Nel tino possiamo quindi distinguere tre fasi: una fase inferiore costituita da uno strato di mosto proveniente dal succo fuoriuscito dagli acini spaccati durante il riempimento del tino, una fase di uva intera immersa nel mosto, una fase di uva intera in ambiente di anidride carbonica. Dopo uno o due giorni dalla immissione dell'uva nel tino la parte liquida inferiore inizia a fermentare producendo anidride carbonica che mantiene il vino privo d'aria. L'uva viene lasciata in tali condizioni per un periodo che può variare da pochi giorni ad una trentina a secondo dello stato di sanità dell'uva e della temperatura; terminata la fermentazione si scarica il liquido di fondo, si vuota il tino del l'uva intera che viene pigiata o pressata. Nell’uva intera, durante il condizionamento, si sono avute modificazioni a carico di parecchi costituenti; una parte degli zuccheri all’interno degli acini vengono trasformati in alcool, per azione di enzimi endogeni, con formazione di anidride carbonica e di prodotti secondari simili a quelli che si formano ad opera dei lieviti. Inoltre si osserva una metabolizzazione degli acidi organi ci soprattutto de11’acido malico, che scompare dal chicco anche per più del 50% senza formazione di acido lattico, si può notare anche una diminuzione lieve dell'acido tartarico. Dal punto di vista organolettico si ha la formazione di sostanze volatili che sviluppano particolari aromi (profumo di fruttato intenso).
Vinificazione per macerazione a caldo o termovinificazione. Questo tipo di fermentazione consiste nel riscaldare il pigiato mediante speciali attrezzature quali scambiatori di calore funzionanti ad acqua calda o vapore, per tempi variabili da 5 a 30 minuti a temperature variabili da 50 a 80 °C. La fermentazione si può effettuare sul mosto ottenuto dalla torchiatura della massa o anche sul pigiato; in entrambi i casi è però necessario ricorrere al raffreddamento per assicurare regolarità al processo fermentativo. Gli scopi che si prefigge l’impiego del riscaldamento delle uve o del pigiato sono i seguenti:
estrazione del colore e delle altre sostanze per effetto della permeabilizzazione delle pareti cellulari e della plasmolisi dovuta al calore;
effetti sulla microflora per ottenere una sterilizzazione o una selezione dei lieviti responsabili della fermentazione;
inattivazione degli enzimi per prevenire la casse ossidasica o rottura ossidasica, in quanto viene inattivata la polifenolossidasi;
altri effetti secondari riguardano le caratteristiche di aroma del prodotto.
L'estrazione dei pigmenti fenolici viene privilegiata rispetto a quella dei tannini, l'effetto della temperatura è in stretta relazione al tempo di riscaldamento. Il miglioramento della stabilità è un altro effetto importante, infatti alcuni vini sono come, come è noto, molto sensibili alla casse ossidasica, provocata dalla presenza nel mosto e nel vino di polifenolossidasi. ed in modo particolare da attacchi di Botrytis Cinerea. L'effetto del calore consente di poter prevenire queste al terazioni, infatti è praticamente dimostrato che la polifenolossidasi è completamente inattiva a temperatura superiore ai 70°C, mentre a temperature oscillanti tra i 30 e 40°C, l'azione delle ossidasi è accelerata. E' quindi molto importante, nel trattamento termico delle uve o del pigiato, superare rapidamente questo intervallo di temperatura critica ed evitare il più possibile il contatto con l'aria. I vini così ottenuti presentano un corpo più pieno, un aroma più etereo e fruttato, un’intensità di colore notevole e forte resistenza all'ossidazione. Riassumendo, con questo trattamento avremo delle caratteristiche organolettiche migliori; per concludere si può affermare che il riscaldamento del pigiato di uve rosse permette di estrarre i costituenti della buccia che passano nel mosto pressando la massa prima della fermentazione. Questa estrazione è molto importante e più intensa di quella che si ottiene durante la vinificazione classica in presenza di vinacce e con la macerazione delle stesse.